Forma organizzativa, riferimento sociale ed identità culturale, nel partito dei troppi tweet e post, spesso avvinghiato in un eterno presente, sembrano definitivamente relegate alle ultime audaci suggestioni di Fabrizio Barca, quelle dei Luoghi idea(li) ricordate? Oramai dimenticate in qualche scantinato del Nazzareno, già invecchiate ed impolverate come un buon vino destinato però, a non essere mai consumato. Dal “ma anche” interclassista veltroniano, alla stagione dei referendum controversi, passando per il terremoto populista renziano (sempre pronto a scatenare il Big One), il partito appare come un entomologo con il retino bucato di fronte ad un consenso, inchiodato al 20%, volatile come farfalle. Così, mentre per paradosso, il distanziamento sociale ha realizzato il primo dei sogni di ogni narcisista che si rispetti: il diritto all’ubiquità senza l’obbligo della “santità” politica, inondando la rete di dibattiti teorici sullo scibile umano, per la prassi, il partito, non può che continuare ad affidarsi alle sue “api operaie”, quelle decine di migliaia di amministratori locali disseminati lungo la penisola, condannati all’ottimismo anche nelle pieghe di un’emergenza sanitaria scaricata su istituzioni territoriali già ampiamente provate dalla “normalità” precedente. Amministratori locali, più celebrati nei convegni che ricordati nei congressi, creditori politici di ultima istanza, obbligati a decidere al controverso motto del primum vivere deinde philosophari. Sia chiaro, non si tratta qui di fare l’apologia del partito dei Sindaci, esperimento già provato e puntualmente fallito, quanto di constatare come sempre più spesso, un partito in perenne ed infruttuosa ricerca di se stesso (che non si risolva cioè, nel proporsi come il minore dei mali di fronte alle orde barbariche), finisca inevitabilmente per affidare, spesso suo malgrado, alla ridotta dei territori non solo la funzione amministrativa, bensì: visione, futuro e, appunto, identità; ritagliandosi tutt’al più il ruolo gregario di portatore d’acqua.

Partendo da queste considerazioni e con l’indispensabile senso delle proporzioni, mi è parso lodevole il contributo fornito allo scopo da tre sensibilità della sinistra del partito milanese che, invitando amministratori locali di grandi e piccoli Comuni tra Lombardia ed Emilia Romagna (ogni allusione al confronto dei due modelli sociopolitici è assolutamente dolosa), li ha sollecitati sulla gestione della pandemia. Così, le articolazioni metropolitane di DEMS (nata su iniziativa di Andrea Orlando) e dei Laburisti nel PD di Cesare Damiano, insieme all’organizzazione nazionale di Rete Dem che dal 2015, anche grazie all’attivismo di Sergio Lo Giudice, è particolarmente impegnata nella battaglia per l’affermazione dei diritti civili nel Paese, hanno chiamato Sindaci, assessori, consiglieri comunali, uomini e donne, di straordinaria competenza (giusto per ricordarci nell’epoca delle fake news e del nuovo che avanza sempre un po’ troppo, che la politica è prima di tutto impegno, studio e responsabilità), costretti quotidianamente a districarsi tra solitarie interpretazioni di norme emergenziali, vincoli di bilancio al limite della paralisi, disagio sociale, relazioni interistituzionali (o più spesso conflitti di competenze), che spaziano tra la leale collaborazione e la rissa da bar. Un confronto intenso (del quale suggerisco la visione https://www.facebook.com/1644924172232939/videos/2792762270972945), che ha, tra le tante suggestioni, messo in evidenza in modo impietoso come differenti politiche regionali di cooperazione sviluppata nelle unioni comunali, nei consorzi territoriali dei servizi e delle partecipate pubbliche, portato di una differente cultura e tessuto sociale, siano la strumentazione indispensabile per incidere sulla carne viva delle nostre comunità locali. Un lungo dibattito denso di concretezza che permette di individuare una linea identitaria netta, pur tra situazioni talvolta estremamente diverse tra loro, capace di tenere insieme la solidarietà verso gli ultimi, l’universalità dei diritti, con il lavoro dignitoso e la cura dell’ambiente. Capace cioè, di praticare oltreché limitarsi a predicare, al contempo, la radicalità dei valori ed il pragmatismo nelle soluzioni. Spunti forse utili anche in previsione della prossima campagna amministrativa milanese per quanti, lungi dal teorizzare una presunta “superiorità” meneghina, siano attenti osservatori anche delle vite degli altri. Un’iniziativa unitaria che pur senza dichiararlo, evoca la voglia di ricomporre la diaspora a sinistra, dentro e fuori dal partito, per uscire dalle secche di anni incerti, talvolta confusi; insomma, c’è forse voglia di identità nell’aria.


Pubblicato su https://www.contropiede.eu/2021/01/02/ce-voglia-didentita-nellaria-sinistra-pd-amministratori-locali-a-confronto/