L’esito del referendum costituzionale che si è tenuto il 20 e 21 settembre 2020 è inequivocabile. Quasi il 70% delle italiane e degli italiani si è pronunciato per la riduzione del numero delle elette e degli eletti al Parlamento. Adesso è diventato urgente intervenire su un più ampio spazio di riforme: la modifica della legge elettorale e l’introduzione di una legge sui partiti. Con queste brevi riflessioni vogliamo invitare il Partito Democratico e la sua dirigenza ad iniziare un percorso di confronto e discussione interna.

Bisogna convenire, infatti, che preso atto delle condizioni politiche attuali, a fronte di  un numero fortemente ridotto di rappresentanti, sia divenuto indispensabile prevedere procedure chiare che consentano di comporre un Parlamento autonomo e svincolato da indebite pressioni. In particolare, in tal senso si rende necessario dotare il Parlamento, senza ulteriormente tergiversare, di una nuova legge elettorale, che possa contare su un consenso tale da permetterle di consolidarsi nel tempo e andare a regime.

Purtroppo è costume in Italia cambiare la legge elettorale con eccessiva stravaganza. Alcuni hanno ipotizzato di inserire la disciplina della legge elettorale direttamente in Costituzione, altri pensano che in tema elettorale debba essere mantenuto il più ampio margine di flessibilità possibile, per garantire di adattare il quadro istituzionale alle esigenze imposte dai cambiamenti sociali e politici.

In questo dibattito dicotomico, può valere la pena ipotizzare una terza via intermedia, prevedendo di inserire in Costituzione non già la disciplina elettorale da applicare bensì le modalità con cui la legge elettorale deve essere approvata o modificata, prevedendo, per esempio l’introduzione di procedure o maggioranze aggravate per la sua adozione. Ciò garantirebbe una maggiore stabilizzazione del sistema elettorale, che non sarebbe ostaggio della maggioranza di turno, né facile obiettivo politico per nessuno, pur senza giungere a cristallizzare una scelta precipua in Costituzione

Nello specifico poi, alla domanda su “quale modello” sia preferibile, per sensibilità e per l’esperienza che deriva dal confronto dei vari sistemi elettorali esistenti in Europa, è possibile ipotizzare, nella direzione assunta dalle ultime bozze in circolazione, che il modello tedesco rappresenti un buon punto di partenza per riflettere sulle scelte che dovranno essere assunte nel contesto italiano.

In effetti, il sistema tedesco presenta un profilo misto, che, accetando che il numero dei parlamentari possa subire di legislatura in legislatura un variazione, prevede l’assegnazione di 299 seggi attraverso un sistema uninominale secco dove vince chi prende anche solo un voto in più, mentre il restante numero di seggi è distribuito con metodo proporzionale superato lo sbarramento al 5%.

Assodato che si tratta di una soglia eccessivamente alta per il panorama italiano e nella consapevolezza che per garantire “governabilità” e “rappresentanza” – effettivamente molto ben assicurate in Germania – non basta dire che servono una soglia o nuovi circoscrizioni, pemane la convinzione che sia necessario muovere i primi passi e che in tal senso, nel panorama comparato possa essere virtuoso farlo tenuto conto dell’esperienza virtuosa di alcune altre liberal democrazie parlamentari, pur non perdendo di vista le esigenze peculiari del nostro Paese, dettate dalle sue caratteristiche sociali e demografiche.

In questo senso la definizione delle circoscrizioni elettorali resta un passo cruciale che non può essere semplicemente relegato ad un aspetto di contorno dovendo essere analizzato e stabilito in uno con le scelte che saranno fatte per quel che concerne metodo di riparto dei seggi e fissazione delle soglie.

Va da sé che ogni discorso relativo a rigenerazione delle dinamiche di governo, modifica del sistema elettorale, rinnovo delle pratiche parlamentari è destinato al fallimento se al contempo non si apre un dibattito sull’approvazione di una legge sui partiti, da tempo rimandato, al fine di definire un quadro di norme comuni a tutte le formazioni politiche che intendono partecipare alla competizione elettorale: rinvigorire la democrazia all’interno dei partiti significa rinvigorire la democrazia nell’intero sistema. È necessario che il PD operi al fine di dare qualità alla democrazia e questo può accadere, secondo quanto stabilito dalla nostra Costituzione, solo dando forza e dignità ai partiti, rendendoli democratici nel profondo senso della parola.

In conclusione, tagliare il numero delle elette e degli eletti in Parlamento non produrrà di per sé alcun miglioramento della qualità complessiva della nostra democrazia: per ottenere tale risultato servono riforme radicali che mettano in chiaro le regole del gioco per i partiti (con apposita legge), della definizione degli equilibri in Parlamento (legge elettorale) e le modalità di gestione del lavoro dei gruppi parlamentari (modifica dei regolamenti).

Le idee in merito non mancano: speriamo possa aprirsi rapidamente una discussione interna che consenta di esprimerle e condividerle.

Diamo forma, come PD, all’Italia del domani: più partecipazione, democrazia e trasparenza per rendere il Paese capace di affrontare le sfide epocali che di volta in volta si presenteranno, con serietà ed efficacia. Ci crediamo, ci vogliamo provare!

 

Anna Mastromarino è Professore Associato di Diritto Pubblico Comparato Dipartimento di Giurisprudenza – Università di Torino.
Federico Quadrelli è Segretario PD Berlino e Brandeburgo e membro dell’Assemblea Nazionale PD.

Pubblicato su: https://immagina.eu/2020/10/08/quale-legge-elettorale-per-un-futuro-piu-democratico-e-partecipato/