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Il Parlamento è l’anello che collega il popolo con chi lo governa: esso garantisce la democrazia, è il passaggio in cui tutti possiamo scegliere direttamente da chi vogliamo essere rappresentati.
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Siamo tutti uguali di fronte alla legge, tutti abbiamo diritto a una quota di rappresentanza, comprese le fasce medie e le minoranze
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Nel rapporto tra numero di eletti e numero di abitanti l’Italia è nella media dei paesi europei con caratteristiche simili, ed è sotto la media se si analizza il dato rispetto a tutti i paesi europei: l’Italia ha infatti un numero basso di eletti rispetto alla media: nello schema reperibile sul sito del senato si trova al 22° posto.
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Con la riforma il numero dei deputati passerebbe da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200: dopo la riforma l’Italia sarebbe il paese con il più basso tasso di rappresentanza in Europa stimato in 0,7 eletti per 100.000 abitanti in luogo degli attuali 1,6.
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L’Italia è un paese caratterizzato da estrema variabilità sia di territorio che di condizioni economiche che non possono essere rappresentate in un parlamento composto solo da eletti in grandi circoscrizioni
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Basandosi sul solo dato parziale numerico puro si potrebbe sostenere che dopo la riforma l’Italia scenderebbe al quinto posto e sembrerebbe allinearsi alla media europea: in realtà L’Italia sarebbe sotto la Germania, che detiene oggi il più basso numero di eletti per abitanti a 0,8 mentre Spagna, Francia, Polonia, Paesi Bassi Regno Unito vanno dall’1,3 eletti per 100.000 abitanti a 2,4 eletti, la Svezia al 3,7 ecc. fino al primato di Malta con 16 eletti per 100.000 abitanti.
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Concretamente ogni deputato rappresenterebbe in media 150.000 elettori rispetto agli attuali 96.000, e ogni senatore circa 300.000 invece dei 189.000 di oggi, con il conseguente aumento del distacco tra eletto ed elettori, oltre ad aumentare enormemente le cifre necessarie per campagne elettorali in aree così vaste.
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La riforma proposta si motiva con il risparmio per il paese rispetto ai costi del Parlamento e si sostiene che il denaro potrebbe essere speso meglio. Il messaggio pericoloso è che i parlamentari sarebbero un costo inutile, in particolare quelli che rappresentano le fasce di popolazione numericamente medie, per non parlare delle minoranze. Entrambe sarebbero sacrificate e annullate da un meccanismo di riduzione della rappresentanza così accentuato.
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La gravità di questa delegittimazione del Parlamento è enorme, tanto più in un periodo in cui l’astensione dal voto è sempre più frequente per sfiducia nella politica. Sarebbe facile rispondere a questo punto “allora perché’ andare a votare?” Che valore resta al voto? Non possiamo accettare che la più grande conquista della democrazia rappresentativa sia delegittimata al rango di “poltrona”
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Il costo in realtà risulta veramente minimo in rapporto alla popolazione, stimato dalla codacons intorno a 1,35 euro a cittadino. In realtà con la riforma non si avrebbe un taglio dei costi ma solo un taglio della rappresentanza.
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Questa riforma è del tutto scollegata dal resto della Costituzione: ci sono punti che non sono stati considerati, come la riforma del sistema bicamerale perfetto grazie alla creazione di una vera camera delle regioni, che potrebbero razionalizzare il lavoro del Parlamento.
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Il taglio numerico così rilevante non è giustificato: si tratta di un semplice taglio e non di una riforma organica, ma con enormi effetti sugli equilibri del sistema complessivo, senza sapere con quale legge elettorale si andrà al voto.
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Si evita accuratamente di andare al cuore del problema e cioè l’efficienza della classe dirigente e la mancanza di una legge sui partititi e sulle liste elettorali, sapendo bene che le leggi elettorali possono cambiare ogni governo mentre la Costituzione resta.
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La Costituzione è stata pensata come un insieme di norme fondamentali per garantire un sistema di pesi e contrappesi nei poteri dello Stato. Dunque non si può modificare solo un aspetto senza tenere presente i suoi effetti nell’organizzazione complessiva dello Stato.
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La riduzione dei componenti del Parlamento andrebbe a modificare gli equilibri pensati per l’elezione di tutte le cariche di garanzia, come il Presidente della Repubblica o i membri della Corte Costituzionale, dando un potere enorme alle effimere maggioranze del momento.
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La stessa riforma della legge elettorale non assicurerebbe la conservazione di queste garanzie, essendo una legge ordinaria modificabile dalla stessa maggioranza secondo la sua convenienza. Promettere di realizzarla dopo il referendum indebolisce una proposta sbagliata, non avendo idea di quali equilibri si potrebbero creare all’interno di un Parlamento tanto decurtato, dove contano sempre di più poche persone e sempre meno il popolo.
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Questa riforma toglierebbe valore al Parlamento, attraverso il messaggio che la rappresentanza sia inutile, e ne sarebbe fortemente compromesso il ruolo fondamentale di elaborazione sociale del diritto attraverso i rappresentanti eletti dal popolo, finendo per concentrare il potere in un numero ristretto di governanti di parte.
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Troppo spesso è stato sminuito il valore delle assemblee elettive, ridotte a ratificare quanto elaborato altrove, con lo scopo di poter eludere proprio il confronto tra parti sociali, concentrando il potere nelle mani di pochi. Fare credere che sia inutile avere una rappresentanza riconoscibile che porti la voce di tutti fa parte di questo schema.
Noi diciamo No perché è in gioco la nostra democrazia rappresentativa e non vogliamo che il nostro futuro sia deciso da sempre meno persone, con grandi interessi e possibilità economiche che consentano di svolgere campagne elettorali in immense aree sempre più scollegate dai diversi territori, interessi e opinioni che invece dovrebbero rappresentare.
Noi diciamo No, perché’ crediamo nel voto democratico, nel ruolo dei rappresentanti del popolo. Perché crediamo che la possibilità di eleggere un numero equo di rappresentanti sia la base irrinunciabile per la democrazia, a volte faticosa, ma fondamento di tutti i valori della nostra cultura e della nostra libertà.
Noi diciamo No perché’ una riforma della costituzione si fa tenendo conto di tutte le sue parti in modo organico, con motivazioni vere e ben ponderate, non con slogan spiegati con dati fallaci.
La democrazia non è un costo da tagliare, ma una risorsa per far esprimere il popolo tramite i suoi rappresentanti. Il taglio dei parlamentari non è un taglio ai costi, ma alla democrazia che deve restare espressione di tutto il popolo.
Siamo qui per dire che il tempo del mugugno è finito. Il popolo oggi vuole partecipare attivamente e far sentire le sue variegate opinioni attraverso i suoi rappresentanti. Sottoscriviamo questo documento per preservare il nostro fondamentale diritto democratico a beneficio di tutti i cittadini.
Per aderire scrivere a: info@retedem.eu indicando nell’oggetto “Referendum costituzionale 2020” e nel testo cognome, nome, città di provenienza
PRIMI FIRMATARI
- Irene Deval
- Paolo Acunzo
- Carla Rocca
- Sergio Lo Giudice
- Paola Bocci
- Giuliana Damato
- Enrico Sacco
- Caterina Bonetti
- Maria Teresa Vaccari
- Anna Mastromarino
- Beppe Guerini
- Antonio Mumolo
- Angelo Falone
- Davide Mattiello
- Monica Didò
- Federico Quadrelli
- Paolo Fassina
- Salvatore Sinagra
- Giuliana Casartelli
- Daniele Viotti
- Chiara Foglietta
- Andrea Burzacchini
- Raffaela Salmaso
- Marco Vitali
- Carlo Colombi
- Maurizio Acciardi
- Eddy Sanfilippo
- Donata Bianchi
- Santina Bosco
- Michele Mezzavilla
- Bartaletti Silvano
- Roberto Greco
- Gianni Champion
Aderisco