Cara Paola, caro Ivan,
abbiamo letto le considerazioni che, con la consueta amicizia, avete posto in una lettera a noi indirizzata e volentieri rispondiamo. Ma prima di entrare nel merito degli argomenti che ponete, c’è un passaggio di metodo che è bene chiarire.

Siamo nel pieno della campagna congressuale del PD e a pochi giorni dalle primarie per la scelta del candidato segretario. Il confronto sulla diversa visione del partito e del Paese è entrato nel vivo ed ognuno di noi è impegnato in giro per l’Italia a spiegare le ragioni dell’uno e dell’altro candidato. In questo contesto è evidente che, chi dal giorno dopo tornerà a lavorare insieme nello stesso partito guidato dal vincitore della competizione, oggi è diviso a sostegno di una proposta alternativa e in competizione con le altre.

Avremmo voluto, come previsto a cadenza annuale dallo statuto del PD e come avevamo chiesto subito dopo il 4 dicembre, che prima delle primarie si svolgesse una conferenza programmatica per definire una cornice di contenuti e obiettivi comune a tutte le mozioni. Quella sarebbe potuta essere l’occasione per porre noi tutti insieme al partito, prima che alle sue aree, alcune considerazioni comuni sugli obiettivi da raggiungere. Quello avrebbe potuto rappresentare il momento di “orgoglio democratico” trasversale in cui mettere a fuoco di fronte al Paese la capacità del PD di darsi un profilo comune al di là e prima di mettere in campo le divisioni interne. La conferenza non è stata voluta dall’allora segretario, che ha preferito accelerare i tempi del congresso, per cui ogni candidato ha lavorato direttamente all’elaborazione del suo programma.

Adesso siamo nel vivo delle primarie. Ed è quindi naturale che ci si divida e che si mettano a confronto i punti di forza della propria proposta con i punti di debolezza, veri o presunti, delle altre. Peraltro è opinione comune che quella in corso sia una contesa fin troppo sotto tono per scatenare quella passione politica che immaginiamo debba accompagnare le primarie. In questa situazione, considerare un’ovvia divisione di campo, funzionale e temporanea come sono o dovrebbero essere le primarie interne a un partito, come “dannosa”, “suicida” o “politicamente incomprensibile” è francamente un giudizio fuori contesto.

Anche sul merito, però, è necessaria una premessa, altrimenti non riusciamo a capirci. Voi dedicate gran parte della vostra lettera a spiegare i meriti di Renzi nell’approvazione della legge sulle unioni civili. Ma nessuno di noi li ha mai messi in dubbio così come non abbiamo mai, come voi sembrate sostenere, rivendicato a noi soli o alla nostra parte il merito del lavoro svolto in questi quattro anni. Né è necessario ricordare l’enorme fatica fatta da tante e tanti di noi sin dalla nascita del PD (e per chi viene da esperienze politiche precedenti, da ancor prima) per smuovere un partito frenato da una sottovalutazione del tema dei diritti individuali, da un timore reverenziale nei confronti delle posizioni della CEI, da sacche di omofobia interna che rendevano assai difficile collocare nella giusta prospettiva un impegno per l’uguaglianza delle persone Lgbti.

Non è necessario evocare a testimone D’Alema. Chi di noi c’era in quegli anni ha avuto scontri aspri con lui per quelle posizioni e per una più generale inerzia di quei gruppi dirigenti. Era un’altra epoca politica, in cui Matteo Renzi andava al Family Day, varato per ostacolare la calendarizzazione della legge sui Pacs, e Andrea Orlando era un giovane dirigente di un partito che, come lui stesso ci ha raccontato, era intriso di omofobia e misoginia. Ma non è di quel partito e di quell’epoca che stiamo parlando. Stiamo parlando del futuro del PD e dell’Italia e di come rimettere in moto il percorso verso la piena uguaglianza di diritti delle persone LGBTI.

La legge sulle unioni civili, il cui merito va a tante e tanti, a partire da quelle generazioni di lesbiche e gay che da trent’anni portano avanti questa battaglia nel paese e nelle istituzioni, è stata una conquista fondamentale che ha interrotto un ritardo storico e aperto nuove prospettive: è di pochi giorni fa la sentenza della Corte d’Appello di Milano che fonda proprio sul comma 20 della legge 76 il ribaltamento di una sentenza negativa di primo grado su un caso di stepchild adoption. Tuttavia quella legge non deve essere l’alloro su cui addormentarci, ma il trampolino per il prossimo salto.

Andrea Orlando si è detto favorevole al matrimonio civile per le coppie dello steso sesso, lo stesso ha fatto Michele Emiliano. Prima di allora solo Pippo Civati aveva introdotto il tema del matrimonio egualitario nelle primarie del 2013. Sappiamo bene che indicare un obiettivo è altra cosa dal realizzarlo. Ma sappiamo anche che, se il PD non assumerà nei suoi programmi un impegno in quella direzione, sarà assai difficile dopo chiedere di percorrerla.

Per questo motivo abbiamo chiesto anche a Matteo Renzi di pronunciarsi, proprio nell’ottica di fare diventare questo tema patrimonio di tutto il partito. Se lo farà saremo i primi a congratularci con lui e a ringraziarlo, perché la condivisione di quell’obiettivo da parte di tutti e tre i candidati alle primarie sarebbe, quello sì, un momento di autentico orgoglio democratico comune.

Sulla ricostruzione delle vicende che hanno portato all’approvazione della legge sulle unioni civili, avremo modo di approfondire meglio in altre occasioni. Qui solo due cose ci preme sottolineare. La prima è ripetere che non è certo nostra intenzione sminuire il ruolo di Matteo Renzi nell’approvazione di quella legge che, senza la richiesta di fiducia con cui ha costretto al voto NCD e una parte riottosa dello stesso PD, non avrebbe mai raggiunto la meta. La seconda è che abbiamo certo tutti sbagliato a sperare che il M5S avrebbe sostenuto la legge fino in fondo, ma non abbiamo certo fatto un errore a impostare tutto il percorso secondo quello schema, che era comunque l’unica strada possibile per partire. Portare in aula un testo costruito senza un’estenuante mediazione con NCD ci ha consentito di approvare una legge che, a parte il doloroso stralcio della parte sulle adozioni e il vulnus di essere un istituto separato, rappresenta un modello di unione civile con pienezza di diritti. Se avessimo scelto da subito di costruire un testo all’interno della maggioranza di governo avremmo prodotto un topolino che probabilmente non avrebbe neanche mai visto la luce. Questo Renzi lo sa bene e infatti ci ha dato atto della giustezza del percorso.

Rispetto ai testi delle mozioni, sono tutti scritti in fretta nei pochi giorni previsti da un calendario che si è voluto accelerato. Ma sul punto di cui stiamo parlando la differenza è comunque visibile. Renzi rivendica le unioni civili approvate e propone una “riforma e snellimento del sistema delle adozioni”.

La mozione Orlando parla delle unioni civili come “primo passo verso la piena uguaglianza e lotta contro ogni discriminazione, un cammino che ha l’obiettivo di raggiungere i livelli più alti delle democrazie occidentali”. E aggiunge che “È necessaria una riforma complessiva della normativa sulle adozioni e sulla responsabilità genitoriale. Si parla di superamento delle unioni civili verso il matrimonio egualitario, e se a qualcuno questo poteva non apparire chiaro dal testo della mozione, che pure non lascia spazio a dubbi, lo ha chiarito in modo netto intervenendo nel confronto a due (Renzi aveva preferito declinare l’invito) su Le Iene. Inoltre si parla, accanto alle adozioni, di affrontare la questione della responsabilità genitoriale, che è tema diverso da quello, e che apre il dibattito sull’assunzione della genitorialità dei propri figli alla nascita come chiedono le Famiglie Arcobaleno. Anche su questo, nessuno di noi si illude che le soluzioni normative siano dietro l’angolo, ma l’impegno programmatico a discuterne è comunque un fatto politico ed è il primo passo perché si passi alla fase delle azioni concrete.

Per finire vorremmo ricordare un aneddoto su un episodio che è nella memoria di tutti noi. Nel luglio 2012, l’assemblea nazionale del PD di Bersani, presieduta da Rosy Bindi, approvò un testo in cui, in termini intollerabilmente generici, si scriveva che “anche all’unione omosessuale spetta il diritto di vivere una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico”, rifiutando non solo di approvare un odg sui matrimoni, ma anche un documento di mediazione proposto da Gianni Cuperlo che recitava “Le coppie etero e omosex devono avere gli stessi diritti e pieno riconoscimento giuridico e sociale”. Il giorno stesso Sergio – allora solidamente bersaniano – fece un tweet ripreso dai giornali in cui era scritto: “Chiudere sui gay è un errore che si pagherà. Sul tema è più avanti Renzi“. Pochi mesi dopo Bersani si candidò alle primarie condividendo la stessa proposta, già avanzata da Renzi, di unioni civili con stepchild adoption.

Ecco, a noi piacerebbe che, anche in questa occasione, non accusaste noi di dividere un fronte attestato su un livello di retroguardia ma che, come avete già fatto meritoriamente altre volte, andaste da Renzi a spiegargli che c’è un nuovo obiettivo da conseguire presto e che, se lui si ferma al risultato raggiunto, stavolta “sul tema è più avanti Orlando”.

È qui, nella nostra azione a tenaglia sui vari candidati perché assumano impegni sempre più avanzati, che possiamo ritrovare quella compattezza di intenti che renda virtuosa l’azione di ognuno e ognuna di noi all’interno del Pd e ci faccia svolgere un ruolo utile a dare una mano alla comunità LGBTI nella realizzazione dei suoi obiettivi, che sono i nostri comuni obiettivi.

Un caro abbraccio,

Monica Cirinnà e Sergio Lo Giudice